Come si vive altrimenti?
Come larve, formichine operose che ogni mattina si alzano con gli occhi pesti al suono di una sveglia implacabile, si lavano sommariamente con acqua gelida per svegliarsi, si guardano allo specchio e si rimirano nella loro forma peggiore, l'alito che sa di scarpe, la mente obnubilata dal sonno, la voglia di tornare a letto.
E poi salire in macchina o in autobus o sul treno per essere compressi e correre al lavoro, il caldo e la puzza di sudore in metropolitana, l'ombrello bagnato appoggiato addosso sul tram, timbrare il cartellino o arrivare in tempo agli appuntamenti, fare colazione con cappuccino e cornetto al bar sotto all'ufficio, "buongiorno ragioniere come sta?", "ha visto che forza l'inter?", "eh, che tempo schifoso...". E con il freddo, la pioggia, i mezzi pubblici che non arrivano, sempre e comunque alzarsi ed andare a lavorare, un tran tran monotono e squallido.
E poi presto, sono le sei, fuori dall'ufficio, un po' di spesa alla svelta, file nei negozi, "c'ero prima io", "no guardi sono qui da mezz'ora davanti alla cassa", correre a casa, mettersi a cucinare, blob blob blob la poltiglia nella pentola sul fornello, la tv che miagola in sottofondo, tutti a tavola presto, guardare il telegiornale "strage in bangladesh", "nuova manovra economica", "rimpasto nel governo", "che c'è di bello stasera alla TV?", "TeleMike", "groan".
E poi a letto, non troppo tardi perchè la mattina ci si deve alzare presto per andare a lavorare, accidenti ma quando arriva il weekend, uff devo proprio andare in ferie, che ore sono, già mezzanotte accidenti, buonanotte, click. goto 10 e riparte tutto da capo.
No grazie.
Io dormo, rivendico il mio sacrosanto diritto a dormire e farmi i cazzi miei. Posso permettermelo? E allora lo faccio. Rinuncio a tante cose, certo, faccio una vita certamente più sregolata e dispendiosa di quella di un travet da quattro soldi, il quale avrà la sua bella pensione e la mutua e dopo 35 anni di lavoro potrà andarsene a svernare in campagna e fare la vita del pensionato.
Io vivo più alla giornata, me ne sbatto le palle, spendo tutto quello che guadagno e anche di più, vado a letto alle quattro e mi alzo alle dieci e arrivo in ufficio alle undici. E magari lavoro fino alla sera tardi e il sabato e la domenica e i festivi, e mi riduco all'ultimo momento a fare le cose e mi viene la gastrite e mi girano i coglioni, però mi sta bene così.
Ho avuto molte possibilità di lavorare in maniera più regolare e più "normale" (e con ottime prospettive di carriera e stipendio bla bla bla) e ho rinunciato. Pirla? Può darsi, ma io a fare la vita dell'impiegato o del commesso o dello yuppie da pubblicità del Glen Grant non ci penso nemmeno. Mi piace dormire, mi piace mangiare, mi piace bere, mi piace farmi i cazzi miei.
Poi devo recuperare di fretta, e magari passare le notti in ufficio a fare foto o a finire di scrivere i pezzi, ma mi sta bene così. Alle cinque me ne esco, mi faccio il corso a piedi, mi godo la via completamente deserta e priva della marmaglia umana che la popola durante il giorno, vado a bere un caffè al barettino aperto in largo Augusto e pieno di poliziotti che finiscono il turno e il giorno dopo sono ridotto ad una larva umana morta di sonno che barcolla per l'ufficio. Va bene così.
La sera tardi smetto di lavorare a mezzanotte, chiamo Bini o Markino, si va a bere qualcosa o da qualche parte, poi torno a casa, mi faccio le seghe mentali sulla tastiera della BBS, poi vado a letto e leggo. Quando vedo che sono le quattro o le cinque, spengo la luce e dormo. E via si ricomincia.
Una vita del cazzo? può darsi. Anche questa è una routine? Pazienza. Forse tra dieci anni andrò a vivere sotto i ponti, o magari avrò un attico in via della Spiga, chissà. Nel frattempo faccio quello che mi va di fare, se mi salta il ghiribizzo faccio qualcosa d'altro e comunque non quello che le convenzioni ed il buonsenso vorrebbero che io facessi.
Ai posteri ecc. ecc.