Orrori indicibili si perpetuano ancora sotto i cieli dei paesi più democratici e libertari, crimini senza nome che infangano i nostri giorni e che, pure, vengono tollerati, passano impuniti, non trovano leggi a loro freno.
E non so proprio dire quanti fra coloro che leggeranno questo appello, questa denuncia, vadano segretamente ad ingrossare le fila maledette di chi perpetra tali atrocità.
Inutile fingere innocenza e sbigottimento. Sappiamo benissimo, tutti quanti, che fra noi v'è più d'uno che si diverte ad ammazzare il tempo. Sì, divertirsi è la parola esatta, perchè nessuno di questi assassini compie l'orribile gesto per nutrirsi della sua preda o per qualsivoglia altra ragione che non sia il più puro e mero sollazzo. Del resto, non v'è chi abbia il coraggio di ribellarsi al barbaro costume del cronicidio. Anche coloro che fra sè detestano l'abominevole pratica non fiatano, e quand'anche lo facciano si riferiscono unicamente all'oziosità d'una tale condotta, alla sua infruttuosa natura che, come essi timidamente suggeriscono, non può che trarre in malpartito l'animo di chi la persegua. Obiezioni eminentemente morali ed intimistiche, dunque, giammai una condanna ferrea e risoluta, una difesa dei diritti del tempo.
Ma v'è di peggio. Col tempo si va a caccia come col giaguaro: per ucciderlo. Esistono però vittime ancora più indifese e verso le quali l'uomo scatena istinti ancora più perversi e raffinati. Tutti noi diciamo di coltivare i sentimenti. Buoni o cattivi che siano, essi entrano a ragione nella storia dell'uomo, nella sua arte, nella sua letteratura. La musica, poi, pare cantare solo di loro. Eppure, ogni giorno migliaia di persone si divertono a ferirli. Ucciderli, certo, sarebbe troppo, e prima o poi qualcuno avrebbe da ridirne. Ma finchè ci si limita a ferirli, chi mai avrà l'ardire di alzarsi in loro difesa? Ebbene, questa vergogna deve cessare. Io non riesco a sopportare non dico la vista, ma solo l'idea di un sentimento ferito e lasciato languire, forse fino allo stremo. E i debosciati che se ne vanno scrrazzando a ferire tutti i sentimenti che passino sul loro cammino, pensano forse che si tratti di lucertole alle quali la coda mzzata ricresce in un baleno? No, signori; il sentimento ferito si nasconde nel profondo, geme, piange come un'innamorata tradita (quel grido, se voi lo sentiste...) e, sovente, muore. Ma tutto questo il feritore di sentimenti non lo sa o, per lo meno, finge di non saperlo. Egli si diverte e forse, pur nella sua nequizia, crede realmente che il sentimento ferito subito si riabbia. Ma io ne dubito, poichè l'uomo malabbiato che trae godimento da un simile diporto non può certo interessarsi alla sorte dei nobili sentimenti. Che muoiano o rimangano scempiati, a lui che importa?
E forse si tratta ancora di colui che è capace di perpetrare il più disgustoso e malvagiio dei gesti. Senza dubbio, anzi, chi ferisce i sentimenti è ben capace di schiacciare i pisolini.
Teneri, languidi, caldi: i pisolini son quanto di più dolce, ingenuo e pacifico la natura abbia creato. Ma si sa che lo scempio riempie l'uomo d'orgastico fervore. Lordare e mutilare ciò ch'esiste di più puro dà all'essere umano rapimenti estatici d'ineguagliabile tensione. Così, fin dai tempi antichi, si propagò l'oscena abitudine di schiacciare i pisolini. Per ghiribizzo, essi non vengono trattati in altro modo, non subiscono che quell'unica, umiliante e ferale tortura dello schiacciamento. E si badi bene, sempre l'uomo se la prese coi cuccioli, con i più piccoli fra i pisolini procurandosi godimenti immensi, socchiudendo gli occhi nella prolungata estasi del crimine innominabile.
Qualcuno arriva a compiere vendette trasversali. Un mio amico carissimo, Marco Bini, mi ha riferito il caso disgustoso di chi schiacciò pisolini per ammazzare il tempo. Come se fra le due specie esistesse una qualche familiarità, tale da giustificare una simile faida, ignobile e vigliacca. Nella piccola sala d'aspetto d'una stazione di provincia, io stesso sorpresi un tale in flagranza, mentre con fare beato e dinnanzi agli occhi di tutti i presenti schiacciava a più non posso un pisolino piccolissimo. Non tentennai: scaraventatomi contro l'odioso individuo lo scossi, fino a farlo desistere dalla sua nequizia. E quello cos'ebbe a dirmi? Con quale sfacciata menzogna rispose del suo crimine? "Che vuole da me," - mi disse - "stavo solo dormendo", e pareva persino adirato del fatto che l'avessi interrotto nella sua sordida occupazione. Ci crediate o meno, nessuno dei presenti, fra i quali donne e anziani d'aspetto placido e d'apparente buon cuore, si sdegnarono. Tale fu l'indifferenza della gente al mio atto di soccorso che, lo ammetto, perdei la fiducia in me stesso ancorchè nella mia specie e desistetti.
Cose terribili ho scritto, ma che andavano dette una volta per tutte. Forse qualcuno sogghignerà dinnanzi alla mia denuncia, e sono comunque certo che nessuno oserà schierarsi a viva voce dalla parte degli innocenti. Per conto mio, ritengo d'aver compiuto un dovere civico e umano, d'aver lanciato un messaggio che, per quanto destinato al ludibrio e alla sordità dell'uomo, mi pone limpido al cospetto della mia coscienza.