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La scoperta della Pizza

di Paolo Faustini


Era ancora buio quella mattina, quando la sveglia suonò. Nell'economia generale delle cose, questo poteva avere un senso, visto che eravamo negli ultimi giorni di Dicembre.

Quello che invece non sembrava avere economie, era il frastuono della sveglia regalo per gli affezionati consumatori di fiocchi di mais, più simile al chicchiricchì di un gallo che al verso dei cereali in tazza.

Il nostro Cappuccetto Rollo, si alzò dal letto, si lavò, si vestì, fece colazione con i famigerati cereali, e uscì di casa per recarsi al lavoro, come sempre faceva, anche se non sempre in quest'ordine.

Durante il tragitto che lo separava dal lavoro, il pensiero corse a Lei: alta, bionda, occhi due, e quel nome così soave, etereo. "Margherita, Margherita Gstaad", pensò, "ti amo profondamente, come un vurganz alla crema".

"STRONZO!", si sentì apostrofare, da una vecchietta aggrappata al tergicristallo. "Guarda dove metti le ruote! 'Mbecillo!".

"Devo fare più attenzione, quando guido", pensò il ns. eroe, scalando rapidamente terza-seconda, imballando il motore della sua Koala GT.

Sfiorò una coppia di pensionati, mentre stava cambiando terza-quarta, a 75 all'ora, curva, controcurva, ma non fece tempo ad evitare una tipa che stava attraversando sulle strisce e la appiattì contro un muro.

Arrivò in vista del luogo di lavoro con il consueto ritardo di un'ora. Lo stava attendendo, fremente, il padrone, tale Max LittleRocks, un calvo obeso di colore, proprietario della pasticceria "La Chiacchera", rinomata in tutto l'isolato.

"Idiota! Deficiente!", lo apostrofò l'obeso, "Sei in ritardo come al solito! Inizia a lavorare!". Rollo filò dritto in laboratorio, senza fiatare.

Erano oramai molti anni che lavorava in quella pasticceria, e sentiva tutto il peso di quel tempo trascorso tra bignè e crema andata a male (la famosa "crema al limone", di sapore asprino e semovente), anche perchè in quel periodo aveva messo su un po' di pancia. Anzi, più che un po' di pancia, aveva messo su un monolocale.

Trascorrevano i minuti, e il nostro amico, sempre chino sulle torte da decorare, pensava sempre a Lei, al giorno seguente, a cosa gli avrebbe potuto portare in dono.

Gli anni precedenti, era riuscito sempre a cavarsela portando in regalo alla sua amata i frutti del suo lavoro e della materia prima sottratta al padrone negro. Bignè, cannoli, pasterelle, erano stati sempre molto graditi. Almeno fino a qualche ora dopo l'ingestione.

Quest'anno sarebbe stato diverso. Gstaad era stata molto chiara: "Mai più quei tuoi pasticcini che hanno il vizio di abbandonare in fretta l'organismo. Portami qualcosa d'altro. Qualcosa di diverso. E senza crema al limone".

Da parte sua il nostro Rollo se ne aveva fatto un punto di onore. "Porterò alla mia Gstaad qualcosa di nuovo, di mai visto prima, qualcosa che rimanga negli annali della pasticceria per i secoli a venire, o, almeno, per qualche mese.".

Passavano le ore, tra una torta alla frutta e un profite-aperol (l'unico aperitivo poco alcolico fatto di bignè al cioccolato ). Cappuccetto Rollo era sempre più disperato. Temeva di non riuscire nel suo intento, e la cosa gli sembrava probabile, anche perchè non aveva ancora trovato una ricetta adeguata.

Nemmeno il "Grande Libro di Ricette Voodoo" della nonna di Max, tale Artusi Lumumba, che stava avidamente sfogliando, lo aiutava. "Mmmm... Panzerotti di fegato... Coscie di uomo rana... Insalata con dita... Zuppa di ombelichi...".

D'un tratto si fermò e vide una ricetta molto vecchia ma appetitosa. Qualcosa che non si cucinava più da anni e il cui ricordo era andato probabilmente perso. "Mmmm... Panettone milanese alla maniera di Ma'Lumumba. Vediamo..."

"Strani gli ingredienti... Alcuni non si trovano più da anni... Zampe di serpente, tre paia. Uova di gallina, 12. Farina di ossa, uno scheletro. Frattaglie, tante quante ne contenga un uomo bianco di media grossezza. Uvetta sultanina e canditi, non troppi che rovinano il gusto. Acqua q.b., quanto basta ad ottenere una pastella che si appiccichi facilmente sulle pareti della stanza... Si, ho deciso", disse, "farò questa.".

Subito si pose alla ricerca degli ingredienti. Trovò la farina abbandonata in un angolo che lo guardava, e le uova, abbastanza fresche, dopotutto erano solo dell'anno scorso, nella dispensa, che pigolavano. L' acqua q.b. era abbondante, nel pozzo nero, e ne raccolse un secchio. Nero.

Cominciò a impastare le uova pigolanti, che non volevano essere impastate, con la farina d'ossa e l'acqua q.b.. Impasta, che ti impasta, ottenne una palla di pelle di pollo... no, questa è un'altra storia... dicevo, una palla di pasta di trenta centimetri di diametro.

D'un tratto si accorse di non avere uvetta e canditi. Il terrore si dipinse bianco sul suo volto, anche perche si era toccato la faccia con le mani sporche di farina.

"Nooooo...", gridò, "Come posso fare, ora, senza canditi?". Il pensiero di non riuscire a completare il panettone per l'indomani mattina, lo atterriva.

La sua Gstaad lo avrebbe lasciato e avrebbe perso il rispetto della sua famiglia, e dei suoi amici. Il fatto che fosse orfano e non conoscesse nessuno, non lo sfiorò per un istante. Quello che importava a lui era il completare la sua opera, di fare contenta la sua Gstaad.

Era così arrabbiato che sferrò un fortissimo pugno, proprio al centro della palla di pasta. Il contraccolpo elastico lo fece rimbalzare sul soffitto ed atterrare con la testa nella betoniera per la preparazione del ripieno dei cannoli.

Rollo, estrasse la testa dalla betoniera e cerco di pulirsi alla bell'e meglio raccogliendo tutta la ricotta schizzata per ogni dove e mettendola in un barattolo, buona per usi futuri. Mentre faceva questa operazione, guardò la palla di pasta e vide...

Nella caduta aveva urtato un barattolo di pomodori pelati a falde, abbandonati da tempo nella dispensa, e precedentemente utilizzati con scarsi risultati in un esperimento per la preparazione di confetti, e questi erano caduti sulla pasta. La pasta, a sua volta, a causa della forza del pugno di Rollo, si era appiattita a guisa di disco.

"Ora cosa me ne faccio di questo?", pensò,"il panettone è rovinato, come farò ora?". Pianse silenziosamente per qualche minuto, fino a quando non gli venne una idea.

Si ricordò di suo zio Efesto Goodyear-Brooklin, scopritore della gomma da masticare vulcanizzata, e di come fece per scoprirla. "Farò come lui. Gli metterò sopra delle scaglie di cioccolato bianco e la metterò in forno".

In effetti, la storia ci insegna che le cose, a Efesto Goodyear-Brooklin, non andarono così, egli usò in un primo tempo lo zolfo, scoprendo la gomma normale, e in un secondo tempo utilizzò il mastice per le dentiere, scoprendo la gomma che non si attacca al dentista, ma a Rollo non importava. Voleva fare contenta la sua Gstaad.

Corse al frigorifero a legna del laboratorio di pasticceria e guardò dentro. Cioccolato marrone al caccao, cioccolato arancione alla Fanta, cioccolato verde agli spinaci, ma niente Cioccolato bianco.

Al posto del Cioccolato bianco, un cartello scritto da Max, il padrone della pasticceria, di suo pugno medesimo. Il cartello recitava, più o meno: "Se non trovate il Cioccolato Bianco, ecchisenefrega! Utilizzate qualunque cosa bianca che trovate, commestibile o meno, tanto i consumatori non se ne accorgono."

"Vabbè, farò così.". Frugò nel frigorifero, e, in un pacchettino bianco con un grande teschio e due tibie incrociate stampate sopra, trovò della mozzarella di lama tibetano.

"Bene! Bianca, consistente, mi sembra adatta. Adesso la affetto e la metto sopra il Panettone.". Cominciò ad affettare e a disporre le fette.

"Ma non posso più chiamarlo Panettone", pensò,"dovrò trovargli un altro nome a questo coso.". E intanto spinse il Coso nel forno.

"Vediamo... è fatto di pasta... lo potrei chiamare... Rigatoni... no... contiene i pelati... potrei battezzarlo Cesare Ragazzi... no... ha sopra la mozzarella... potrei chiamarlo Bufala... no... no, no. Devo travare un bel nome.".

Intanto il Coso era cotto. La mozzarella filava e sobbolliva. Nell' aria tutto un buon profumo di Coso.

Cappuccetto Rollo, era raggiante. "Ecco cosa porterò alla mia Gstaad!", gridava, "Ecco...". Estrasse il Coso dal forno, gli mese sopra degli stecchini, lo avvolse in carta oleata, e gli mise sotto un cartone, per non scottarsi.

Si mise al volante della sua Koala GT, e partì sgommando e investendo due bambini che giocavano, ignari davanti la vettura, schizzando pezzi di materia cerebrale sui parafanghi. "Amore mio, mio amore, arrivo...".

Durante il viaggio, ad ogni passante urtato, dopo ogni carrozzina investita, per ogni cane schiacciato, pensava sempre più al nome che avrebbe dovuto dare al Coso, in ordine rigorosamente alfabetico. "Martello... no... mattarello... no... manico... no...".

Arrivato nei pressi della lettera P, si bloccò. Gli venne in mente il nome di sua madre, da lui tanto amata e che lo abbandonò qualche ora prima del parto.

"Ecco come lo chiamerò. Lo chiamerò col nome di mia madre. Lo chiamerò così: Pizza.".

Si complimentò con se stesso per essere riuscito a trovare un così bel nome per il Coso, ma si accorse che mancava ancora il tocco finale, qualcosa che legasse la Pizza alla sua Amata per sempre.

"Si. Ella è meravigliosa come questa Pizza. Credo che metterò il nome della mia amata accanto a quello di mia Madre, per sempre... Si farò così... Chiamerò il Coso, Pizza Gstaad.".

Cappuccetto Rollo, era oramai contento. Guidava con il vento nei capelli, il sole di dicembre sul viso. Si sentiva proprio un uomo felice.

(Tratto da "Storia ed etimologia della Pizza", H.G. Bolls, Milano 1792)

Cenni biografici

Efisio Libero Stanlino Maoino Borghi (questo il vero nome di Cappuccetto Rollo), nasce a Bologna il 17 settembre 1703. Orfano di padre, la snaturata madre lo abbandonerà poche ore prima del parto, come lui stesso riferisce nella "Vera storia della Pizza".

Il trauma della perdita dell'affetto materno lo accompagnerà per sempre lungo tutta la vita e sarà impulso e ispirazione per la creazione della famosa "Pizza" dedicata a Lei e alla sua fidanzata.

Nel 1720, non ancora diciottenne, convola a nozze con quest'ultima, Margherita Gstaad, detta "trenta denari", a causa della sua professione. La vita matrimoniale sembra essere di conforto per la tormentata anima di Efisio, sempre alla ricerca del calore materno che viene sublimato nella scoperta di pizze sempre più elaborate.

Nel 1725, divenuto ricchissimo grazie alla moglie, compra la cattedra di Cucinologia della Egregia Università di Bologna, e inaugura il corso di "Fenomenologia della Pizza e della Focaccia".

Nel 1732, la grande svolta della sua vita. Dietro stimolo del fantasma della madre, e sempre grazie alle entrate sicure della moglie, dà l'avvio a una catena di negozi in cui viene preparata la sua creazione, nelle tre diverse forme canoniche: "Pizza Gstaad", "Pizza con cetrioli vivi", e "Focaccia Efisio Borghi", con pomodoro e mozzarella.

Muore probabilmente nel 1738, a soli 35 anni, scomparso misteriosamente in uno dei suoi magazzini di stoccaggio della pasta di pane per la pizza. Pare che alcuni bottoni della sua camicia, siano stati rinvenuti in una pizza quattro stagioni servita qualche settimana dopo la sua scomparsa, al ristorante Serenella di Napoli.

Ci ha lasciato diverse opere letterarie, tra cui: "Storia comparata della mozzarella e pomodoro", "Epistemiologia del basilico", la canzone "Olivolì Olivolà", ode alla pizza alla siciliana, e corruzione della più famosa canzone "Foruncolì Foruncolà", scritta per esaltare le doti della crema alla nocciola.

Abilissimo inventore, scoprì moltissimi usi della sua creazione, non solo culinari: come sopra-materasso, come sotto-materasso, come imbottitura di materasso.


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